Nel Ghiaccio: Amundsen e Scott

“Sei stato cullato nelle consuetudini 

Ti hanno imbeccato con le prediche 

Ti hanno tutto imbevuto e infradiciato di convenzionalismo

Ti hanno posto in vetrina perché fai onore ai loro insegnamenti

Ma non odi il richiamo del Wild?

Sta chiamando te”

R.W. Service

 La grande corsa verso il sud. All’epoca in cui B.-P. scriveva “Scautismo per ragazzi” i più audaci esploratori si sfidavano in Antartide nel tentativo di giungere primi ai Poli. Una sfida non solo di coraggio e di tecnologie ma anche di filosofie di vita, di personalità, di visione dei rapporti fra gli uomini. Numerosi ne furono i protagonisti ciascuno dei quali meriterebbe di veder ampiamente raccontata la propria avventura. Fra i tanti : Nansen, che fu esploratore del circolo polare artico, scienziato, uomo politico e persino premio Nobel per la Pace . Il norvegese Amundsen, ovviamente, che giunse primo al Polo Sud cogliendo di sorpresa tutti quanti (lo credevano diretto al Polo Nord) () e che fece della risolutezza e della capacità di concentrarsi sull’obiettivo principale la sua arma vincente. L’inglese Robert Scott, predestinato ufficiale alla vittoria e che invece, stremato dal gelo, andò incontro alla morte coi i suoi compagni. Il suo diario, trovato nel ghiaccio anni dopo, contiene alcune delle pagine più commuoventi sulla nobiltà degli esseri umani e la capacità di sacrificarsi per gli altri che siano mai stati scritti. 

E’ la testimonianza di uomini che ebbero un grande sogno, quello di giungere per primi dove mai nessun atro uomo era arrivato: Uomini che hanno lottato con tutte le loro forze e la loro intelligenza per raggiungere la meta affrontando difficoltà indicibili, il grande freddo, la fatica, le malattie, le privazioni. Gente, nella maggior parte dei casi, di origine modesta che cercava nell’impresa un’occasione per riscattare se stessa e la propria famiglia dalla misera. Gente al tempo stesso di classe, capace di dare spazio alla nobiltà dei gesti e dei sentimenti anche quando tutto sembrava giustificare qualche sgomitata. Uomini che giunti finalmente al Polo Sud hanno assaporato il gusto amaro della beffa e della sconfitta: la bandiera del norvegese Amundsen già piantata da qualche giorno nel ghiaccio. La Storia di Scott e dei suoi compagni trova a questo punto una delle sue pagine più toccanti: benché sfibrati, demoralizzati, sconfitti quegli uomini seppero comportarsi ancora con grande coraggio e lealtà gli uni verso gli altri fino al punto di sacrificare la propria vita per non intralciare con la propria stanchezza e malattia il cammino degli altri. Il capitano Oates, per esempio, dopo aver sopportato dolori atroci per settimane senza un lamento, avendo compreso di non poter continuare, saluta i compagni nella tenda dicendo con estremo pudore: “Esco e forse starò via qualche tempo”. Fuori imperversava da giorni una tempesta polare. Scott annotò nei suoi diari: “Sapevamo che Oates andava incontro alla morte, ma pur avendo tentato di dissuaderlo eravamo consci che il suo era il gesto di uomo  coraggioso e di un gentiluomo inglese. Speriamo tutti di affrontare la nostra fine con lo stesso spirito e certo la fine non è lontana”. Il corpo di Oates non venne mai ritrovato. Quello dei suoi sfortunati compagni, morti alcuni giorni dopo per il freddo, fu ritrovato negli anni successivi a pochissimi chilometri da un deposito viveri che, se raggiunto, li avrebbe salvati. Non è una storia a lieto fine ma a volte proprio nelle sconfitte un uomo mostra la sua grandezza. Il comandante Scott e i suoi uomini lo fecero.