“Perché c’è”. La sfida di George Mallory

Il monte Chomolungma “la dea madre della terra” come la chiamano i tibetani è la montagna più alta della Terra. Alle nostre latitudini è meglio conosciuta come Monte Everest. In quasi un secolo di tentativi oltre mille scalatori ne hanno ormai raggiunto la vetta anche se più di 160 hanno pagato il loro coraggio con la vita.

George Mallory era il più audace e il più bravo fra tutti gli scalatori del suo tempo. Fu naturale chiedere a lui se voleva tentarne per primo la conquista. Erano gli anni ‘20: i materiali da arrampicata non erano neppure lontanamente paragonabili a quelli disponibili oggi. Mallory arrampicava in modo elegante, aveva equilibrio, tenacia. Conosceva bene l’ambiente himalajano per aver partecipato in precedenza a due spedizioni di ricognizione. Amava quella montagna e a chi gli chiedeva perché mettesse a rischio la propria vita per raggiungerne la vetta rispondeva semplicemente: “Perché c’è”.

Andrew Irvine e George Mallory nel 1924 ai piedi dell’Everest

L’8 giugno 1924 il tempo era magnifico. La spedizione, dopo una salita durissima durata molte settimane era finalmente giunta a piantare l’ultimo campo in quota e tutto era pronto perché George Mallory e il suo compagno di cordata Andrew Irvine, tentassero l’assalto finale. Con i binocoli puntati verso l’alto e il cuore in gola i compagni ne seguivano la salita verso la cima. Tutto procedeva per il meglio. Ma all’improvviso, verso le tre del pomeriggio, una nube li nascose alla vista e una terribile tempesta si scatenò sulla cima dell’Everest. Nonostante l’attesa Mallory e Irvine non tornarono al campo né la sera né i giorni successivi. Vane furono tutte le ricerche. L’Inghilterra rimase sconvolta e addolorata dal momento che nessuno riusciva a credere che Mallory, la stella dell’alpinismo, non fosse sopravvissuto alla scalata.

Quando venticinque anni più tardi, Hillary e Tenzing, riuscirono a conquistare la vetta più alta del mondo ammisero di avere cercato con lo sguardo i segni del passaggio di Mallory. Intorno al suo viaggio misterioso verso l’alto è nata una leggenda e per quanto siano in molti ad aver perso la vita sulle pendici dell’Everest, coloro che lo scalano pensano soprattutto a lui che per primo aveva sognato quella folle conquista.

Nel 1999 una spedizione della televisione britannica BBC è partita per il Tibet con lo scopo di ritrovare le tracce del grande scalatore. Nel corso degli anni, infatti, alcuni piccoli particolari (una piccozza in un crepaccio, il racconto a gesti di uno sherpa poi travolto da una valanga) sembravano costituire gli indizi (anche se vaghi) di una traccia da seguire. Le ricerche sembravano però destinate a fallire e l’Everest conservare il suo segreto. Invece ad un tratto, quasi per caso, settantacinque anni dopo quell’epica scalata, il corpo di Mallory è stato ritrovato, intatto, come di cristallo, adagiato sulla montagna che egli amava.

Ancora oggi molti si domandano se la morte lo abbia colto prima o dopo aver raggiunto la vetta. Ma forse questo non ha molta importanza. Come ha scritto Peter FirstbrookChe abbiano o meno raggiunto la vetta, George Mallory e Sandy Irvine sono stati un esempio per tutti. La loro determinazione, il loro coraggio e il loro eroismo hanno ispirato generazioni di scalatori, spingendoli a sfidare la montagna, a coltivare le proprie ambizioni, collaborare e perseverare fino a raggiungere la vetta. La loro storia, il loro entusiasmo, la loro energia sono un esempio per tutti noi. Nella morte come in vita rimangono uniti sulla montagna: sono in tutti i sensi gli uomini dell’Everest”.

Piste di approfondimento

Libri

Reinhold Messner, La seconda morte di Mallory, Bollati Boringhieri

Il grande esploratore e scalatore Reinhold Messner, vincitore in solitaria  dell’Everest racconta in modo parzialmente romanzato l’avventura di Mallory e di Irvine cercando di indovinarne i pensieri e le riflessioni dinanzi ai grandi temi della montagna, della vita e della morte. Una difesa di un ambiente incontaminato, teatro di imprese eroiche, prima che venisse corroso dal turismo  di comitive che salgono la cima più alta del mondo come se fosse la fila per andare allo stadio. “Alla società  dei consumi postmoderna non interessa più la conquista dell’irraggiungibile, dopo che tutto è stato raggiunto, e neppure della fiducia umana nella tenacia, nella forza e nella capacità di soffrire. Le interessano soltanto i titoli a caratteri cubitali o la registrazione nel Guinness dei primati con i suoi discutibili concetti di velocità, guadagno, distanza, altezza.”

Scomparsi sull’Everest. Il mistero della spedizione Mallory-Irvine, ed. Il Saggiatore

Il racconto della spedizione del 1999  sull’Everest  organizzata dalla BBC alla ricerca della  soluzione del mistero sulla sorte di Mallory e Irvine  nel loro tentativo di conquistare la montagna più alta del mondo 75 anni prima. Una ricerca non solo di due uomi ma sul senso di scalare le montagne e di mettere in pericolo la propria vita per aggiungere una vetta che nessun uomo potrà abitare mai. 

 

 

Edmund Hillary, Everest, la storia della prima ascesa
Tenzing Norgway, Sull’Everest, ed. Piemme

 

Dalla spedizione del 1951 che portò alla scoperta della via per il Colle Sud, passando per l’estenuante addestramento himalayano del 1952 e fino alla vittoriosa spedizione del 1953, Hillary e Tenzing tratteggiano nei rispettivi libri  le condizioni spietate della montagna, i costanti imprevisti, il timore, la brutalità delle condizioni meteorologiche, la difficoltà per acclimatarsi a quote che portano il corpo umano al limite della sopportazione. Ma oltre al resoconto dell’ascesa, Everest è anche una testimonianza della forza dello spirito umano, la storia di coraggio e resilienza di un gruppo di uomini che, spinti da un sogno, riuscirono in ciò che fino ad allora era ritenuto impossibile.

Lionel Terray, I conquistatori dell’inutile, Hoepli

Negli anni Cinquanta, Terray è una stella delle alte quote, quando iniziano a essere viste con occhi nuovi, entusiastici, e i volti degli scalatori appaiono sulle copertine dei settimanali di grande tiratura. Un clima culturale che esce vivido dalle pagine di questa autobiografia “antieroica”, grande classico della letteratura di montagna dal titolo provocatorio e allo stesso tempo elegiaco. Conquistare l’inutile è l’apparente dichiarazione di un fallimento. Che in realtà nasconde il gesto nobile di un agire gratuito, lontano dalle logiche quotidiane. Solo grazie a quell’inutile si può mettere a rischio la vita, si possono affrontare fatiche immani. Si può arrivare al limite, per toccare una cima.

Film

The wildest dream 

Nel 2010 Conrad Anker, lo scalatore che ha ritrovato il corpo di Mallory, ne ripercorre le tracce sulle pendici del Monte Everest. Qui un trailer del film pluripremiato.